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I suicidi degli imprenditori

In questo video lo scrittore Serafino Massoni commenta un articolo uscito sul quotidiano "La Stampa" di recente, dove si riporta la notizia di alcuni imprenditori che, per la difficoltà di ottenere credito dalle banche, si sono suicidati. Serafino Massoni fa poi una carrellata sulle percentuali di suicidi nei vari paesi del mondo riportando le statistiche dell' Organizzazione mondiale della sanità, osservando che gli uomini, in percentuale, si suicidano tre volte di più delle donne e che i suicidi tra la popolazione, in percentuale, sono maggiori in quei paesi più ricchi e culturalmente più sviluppati, dove esiste un Welfare ben consolidato, rispetto ai paesi meno sviluppati dove il Welfare è scarso.

Politica: molto, ma non tutto

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Il titolo di questo post l'ho preso dal libro di Vittorio Messori: "Scommessa sulla morte" edizioni SEI dove a pag. 140 il giornalista intitola così un paragrafo del suo libro.

Recentemente Il Papa e i vescovi, visto il degrado etico-politico ed economico dell'Italia, sono intervenuti sollecitando l'impegno dei cattolici italiani in politica, intendendo un impegno politico orientato alla promozione del bene comune. Io ci credo poco all'impegno in politica dei cattolici seppure orientato al bene comune, se prima non si definisce cosa è il "bene comune" e cosa si intende per "politica". La politica, secondo il dizionario Zanichelli, è la "scienza e l'arte di governare lo Stato". Ma cosa è lo Stato? Lo Stato, sempre secondo il dizionario Zanichelli, è una "Persona giuridica territoriale sovrana, costituita dall'organizzazione politica di un gruppo sociale stanziato stabilmente su di un territorio", dove per "persona giuridica" si intende: "organismo unitario costituito da un complesso di persone fisiche e di beni riconosciuto dallo Stato", quindi, lo Stato non è un popolo, ma una persona giuridica, un gruppo unitario di persone fisiche e di beni, organizzati politicamente come gruppo sociale confinato in un territorio. Impegnarsi in politica significa, quindi, impegnarsi soprattutto nello Stato e nel suo governo e non nella Chiesa.

Senti cosa scriveva profeticamente Vittorio Messori nel 1982, a pagina 141 del libro sopracitato, in riferimento alla politica che può dare qualcosa, non tutto: "Non si tratta di demonizzarla, anche se, a dire il vero, dietro tante nobili parole la sua essenza oggettiva e immodificabile è inquietante: il suo obiettivo, infatti, è la conquista e la conservazione del potere sugli uomini attraverso la forza. Per sua stessa natura nessuna politica può certo permettersi il lusso di far posto all'amore, all'umiltà, alla mitezza, alla sincerità, al perdono, all'ideale disinteressato e disarmato. ... Sbaglio? Sbaglia la storia intera quando conferma la cruda ma oggettiva sentenza del Machiavelli: 'Li stati non si governano con li paternostri' ? Vuoi andare alla ricerca di una politica 'diversa' dove non siano più necessari né 'volpe' né 'leone'? Fatti tuoi. ... credo ci sia un motivo se Giovanni Sartori, uno dei maggiori politologi viventi non si stanca di ripetere: 'Più studio i meccanismi sociologici e psicologici che guidano politica e politici e più ho paura'".

"Conquista del potere sugli uomini attraverso la forza" è l'obiettivo della politica secondo Vittorio Messori. In democrazia è la forza della maggioranza sulla minoranza. Il Cardinale Angelo Bagnasco, ministro della Chiesa cattolica parla addirittura di "massa critica" dei cristiani cattolici, dando implicitamente ragione a Vittorio Messori, infatti la massa è una grandezza fisica che fa parte della forza. Ad esempio la forza di gravità F è data da F=mg dove m è la massa di un corpo e g è l'accelerazione di gravità.

Sarebbe da leggere tutto quel paragrafo tratto dal libro "Scommessa sulla morte", anche perché Vittorio Messori riconosce un ruolo importante alla politica come servizio sociale e che non va demonizzata, ma va demitizzata "riconoscendone i limiti oggettivi e invalicabili".

Che cosa è invece la Chiesa? Restando al dizionario Zanichelli, la Chiesa è una "Comunità di cristiani appartenenti alla medesima confessione", dove per "confessione" si intende il credo o la fede.

Cattolico, sempre secondo lo Zanichelli, significa: "Universale, con riferimento alla Chiesa cristiana di Roma, in quanto aperta a ogni uomo.".

Chiediamoci: lo Stato è universale? Lo Stato è aperto ad ogni uomo? NO! Uno Stato è confinato in un ben determinato territorio e non è universale e nemmeno aperto ad ogni uomo, altrimenti non ci sarebbero i clandestini e il reato di clandestinità.

Il cattolico appartiene alla Chiesa cattolica e il suo impegno dovrebbe essere universale, missionario e apostolico, tutto al servizio della Chiesa cattolica e del suo tessuto sociale che non conosce confini e non tanto nello Stato che con la Chiesa di Gesù ha poco o niente a che vedere essendo lo Stato confinato in un territorio limitato e circoscritto.

La missione della Chiesa cattolica è la salvezza dell'uomo, perché fuori della Chiesa non c'è salvezza (punto 171 C.C.C.C.).

Ma possiamo parlare di impegno missionario del cattolico in politica, cioè nello Stato, fuori dalla Chiesa? Sì, possiamo parlare di impegno missionario del cattolico in politica se tale impegno fosse finalizzato alla salvezza dello Stato visto che non c'è salvezza fuori dalla Chiesa, tanto meno nello Stato. Ma non avrebbe senso. Che senso avrebbe salvare una persona giuridica? Sono le persone fisiche non quelle giuridiche che vanno salvate.

Allora che senso ha l'impegno politico del cattolico in un organismo che fa della ragion di Stato una esigenza superiore a cui si sacrifica ogni altra considerazione, anche di natura etica? Secondo me non ha alcun senso, né missionario, né apostolico. L'unico vero senso dell'impegno politico come ci ricorda Vittorio Messori è la conquista del potere per governare lo Stato, un senso che di cristiano ha ben poco. Tuttavia se è vero quanto afferma il Catechismo della Chiesa cattolica che fuori dalla Chiesa non c'è salvezza, allora non c'è speranza nemmeno per lo Stato che prima o poi è destinato a collassare su se stesso per conto suo. Quindi non si pone neanche il problema missionario di doverlo salvare, perché è destinato alla perdizione di per sé.

Per il resto penso che ogni uomo debba essere libero di fare le scelte che ritiene migliori per sé e per gli altri. Il cattolico che ritiene di impegnarsi in politica lo faccia pure a suo rischio e pericolo, ma si assuma le proprie responsabilità dei danni che combina, tenendo presente che è solo nella Chiesa con lo Spirito Santo che la anima il luogo dove poter impegnarsi al servizio della comunità e del bene comune, gerarchia permettendo. Ed è sempre la Chiesa a dover attirare a sé tutti i popoli per essere un corpo solo, una cosa sola, non il contrario: non è lo Stato che deve attirare a sé la Chiesa cattolica. Il cattolico in politica, dal mio punto di vista, è una contraddizione, come afferma Gesù stesso: non si possono servire due padroni, non si può servire lo Stato-mammona e la Chiesa di Dio.

Misericordia e realismo

Vittorio Messori è uno scrittore cattolico che apprezzo e io leggo con interesse i suoi articoli. Ultimamente però non lo riconosco in quello che scrive e mi chiedo dove è finito il Vittorio Messori di "Ipotesi su Gesù", "Scommessa sulla Morte", "Patì sotto Ponzio Pilato?".

Uno degli ultimi articoli pubblicati sul suo sito: una intervista di Andrea Tornielli a Vittorio Messori, dal titolo: "Oltre alla misericordia serve realismo" non mi trova d'accordo con quanto Vittorio Messori risponde alle domande del giornalista.

L'intervista verte sulle dichiarazioni di monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per i migranti e gli itineranti, in merito al ddl sicurezza che istituisce il reato di clandestinità e autorizza le ronde.

Nell'intervista Vittorio Messori dice che "Ebbene, oggi potremmo tradurre con realismo la virtù della prudenza" e precisa che "non è possibile spalancare la porte a tutti, accogliere tutti. E' necessario, invece, cercare di governare il fenomeno, tenendosi lontani dalla demagogia.".

Secondo il dizionario De Mauro, la demagogia è una "forma degenerata di governo secondante le inclinazioni popolari; degenerazione della democrazia".

Secondo questa definizione allora il cristianesimo è una forma di demagogia. Sì, perché Gesù secondava le inclinazioni popolari compiendo guarigioni, risuscitando i morti e sfamando la folla con i pani e i pesci, invitandola a chiedere e a ricevere..

Il cristianesimo cattolico è universale e abbraccia tutti. La fede in Dio porta il credente ad affidarsi a Dio, senza farsi paturnie sulla possibilità o meno da parte di Dio di accogliere tutti, perché per Dio tutto è possibile.

La mente umana invece è limitata e non riesce a percepire l'infinita grandezza di un Dio padre a cui bastano pochi pesci e pochi pani per sfamare tutti: una folla di migliaia di persone.

Messori risponde: "Bisogna riconoscere che spesso coloro che arrivano nel nostro Paese non sono affatto o non sono soltanto i più bisognosi, ma coloro che hanno potuto pagarsi il viaggio. Rappresentano le élite".

Io mi chiedo se Gesù si fosse fatto questi problemi, discriminando i suoi apostoli e coloro che lo seguivano tra i più bisognosi e i meno bisognosi, tra coloro che potevano pagarsi il viaggio (e di conseguenza le guarigioni) e potevano avere il tempo di seguirlo nei suoi itinerari e coloro che invece non potevano, avrebbe compiuto i miracoli e le guarigioni che i Vangeli riportano? Non è nello stile di Gesù e del cristianesimo fare discriminazioni tra chi può e chi non può.

Alla domanda: "Qual è, invece, il compito dello Stato?", Messori risponde: "Credo valga per lo Stato ciò che vale innanzitutto per se stessi. La prima carità è verso se stessi. Non è possibile amare gli altri se non amiamo noi stessi. Ora, gli Stati, prima di pensare agli altri, devono pensare ai propri cittadini, alla loro vita, al loro lavoro, alla loro sicurezza. ..."

Sono d'accordo, La prima carità è verso se stessi. Tuttavia non è lo Stato che deve pensare ai cittadini, ma siamo noi credenti che dobbiamo pensare ai nostri fratelli. Dio non vuole uno Stato, ma vuole un popolo, una famiglia, una famiglia umana accomunata dalla reciproca solidarietà nella libertà. Lo Stato non rientra tra i piani di Dio, ma soltanto nei piani dell'uomo. Dio vuole un popolo e vuole la salvezza del suo popolo, popolo che deve farsi un corpo solo. Lo Stato, secondo il De Mauro, invece è "una entità giuridica e politica frutto dell'organizzazione della vita collettiva di un gruppo sociale nell'ambito di un territorio, sul quale essa esercita la sua sovranità." Lo Stato non può sostituirsi a Dio nella sovranità di un popolo. Il popolo di Dio è sovrano e si salva se e soltanto se ha l'amore di Dio come punto di riferimento e non lo Stato.

Se questo è un uomo

Per non morire.

Da Vittorio Messori: "Scommessa sulla morte" edizioni Sei.

Pag. 322-325 "Gesù - per fortuna! - non è Socrate che beve sereno la cicuta, passeggiando con i discepoli tra battute eleganti, in attesa che il veleno faccia i suoi effetti. Né Gesù - per ancora maggiore fortuna! - è l'eroe delle retoriche patriottiche o il martire politico che affrontano il supplizio e la morte in un misto di incoscienza e fanatismo.
...
In quanto uomo (ed egli per la fede lo è totalmente, oltre che vero Dio) voleva vivere, non morire ... la morte è la nemica ed egli vuole essere circondato dalla vita ... c'è da aggiungere, nella storia di tutte le religioni: nessuna avrebbe osato abbassare il suo Dio fino al punto di rischiare di farlo scambiare per un vile.". ... (Messori cita Pascal): "Egli (Gesù) ha paura della morte in sé, perché essa è la grande potenza del male. Per lui, la morte è la rottura del piano divino: per questo è così orribile"

Gaza war pictures, immagini della guerra a Gaza:
Immagini crude, orribili ed esplicite di morte.

https://www.youtube.com/watch?v=leSn3L7q7cM

Quando l'uomo fa della fede nella religione, nella patria-Stato, nella politica, nella famiglia, nella razza, una ragione di morte altrui o, al contrario, quando l'uomo fa della morte propria (sono pronto a morire) o altrui (sono pronto a staccargli la spina) una ragione di fede, il risultato che si rischia è il suo abbrutimento degno più di un mostro e di una bestia che di un uomo.




Paola e Chiara - Amici come prima (live Sanremo '97)

Credi che questo video sia meno crudo del precedente sotto chiave?

Pronti a vivere per la fede (update)

Vittorio Messori è uno scrittore cattolico che apprezzo e amo leggere. Ho letto molti suoi libri che mi sono piaciuti e lo seguo su Internet.

Tuttavia mi sono cadute un po' le braccia quando ho letto sul suo sito: "sono pronto a morire per la fede".

Come ho messo in evidenza in un precedente post, in merito all' Inno Nazionale italiano, Dio vuole che l'uomo non muoia, ma abbia la vita eterna e per questo fine ci ha dato, per amore, il suo unico Figlio: Gesù.

Bisognerebbe chiedere a Vittorio Messori cosa intende con: "morire per fede". Se intende mortificare se stesso, morire dentro per fare morire l'"uomo vecchio" dentro di noi, lo posso comprendere e apprezzare, ma se intende "morire" nel senso di finire in una tomba, non lo comprendo.

Lui dice: "Oggi non esiterei a farmi uccidere piuttosto che rinnegare la fede."

Secondo la mia sensibilità spirituale, l'affermazione di Vittorio Messori, in questo caso, detta così, è pericolosa e psicologicamente deleteria perché fa leva sulla morte come strumento psicologico per testimoniare la propria fede.

Wikipedia definisce fanatismo religioso come: "Il fanatismo religioso, nell'ambito dell'adesione ad un particolare credo o sistema di credenze, è l'atteggiamento di chi vi si riconosce e si identifica in maniera particolarmente esasperata, in modo da giungere «ad eccessi e alla più rigida intolleranza nei confronti di chi sostenga idee diverse». Non necessariamente tali eccessi sono espressi mediante atti fisici violenti.

L'etimologia della parola fanatismo - usata sempre in accezione negativa - porta al latino «fanaticum, "ispirato da una divinità, invasato da estro divino", derivato di fanum "tempio", vc. da avvicinare a fas "diritto sacro"». Dall'etimologia appare evidente che caratteristica del fanatismo è una vena di follia, accompagnata o addirittura causata però da una credenza autentica e sincera, perché la credenza o meglio fede in una divinità che sia ispirata anzi instillata dalla divinità stessa non può per sua natura essere ritenuta falsa dal credente."

Nel caso in cui si arrivi a sostenere di essere pronti a morire e di non esitare a farsi uccidere piuttosto che rinnegare la fede, l'intolleranza viene rivolta verso se stessi, come resistenza esasperata di tipo passivo nei confronti di chi sostiene idee diverse, nel caso si debba rinnegare la propria fede o il proprio credo.

Il dizionario De Mauro definisce fanatismo come: "fede incondizionata, spec. collettiva, che induce a un atteggiamento radicale e intollerante verso chi non la professa"

Wikipedia definisce fondamentalismo come: "Per fondamentalismo si intende genericamente qualunque interpretazione letterale dogmatica di testi sacri (o loro equivalenti, fuori dell'ambito religioso) che assuma i relativi precetti a fondamenti (tipicamente della religione, ma non solo) rifiutando ogni ideologia in contrasto con essi".

Da non confondere con integralismo religioso che viene definito da Wikipedia come: "L'integralismo religioso (o integrismo religioso[1]) è un tipo di integralismo che, facendo riferimento a una religione e in particolare ai suoi testi sacri e dogmi, mira ad applicarne «compiutamente i principî [...] nella vita politica, economica e sociale» della collettività. A questo scopo si tende a eliminare il pluralismo filosofico, ideologico e d'azione, rigettando le idee differenti. Per raggiungere tale obiettivo, gli integralisti sottomettono la politica e le leggi dello stato ai precetti della religione, operazione che portata alle sue estreme conseguenze si traduce nell'instaurazione di una teocrazia."

In uno studio sulla psicologia del kamikaze, del V congresso nazionale di psichiatria forense, si dice che Il suicida kamikaze è plagiato da una figura carismatica (per esempio il Vecchio della montagna): viene convinto che l'obbedienza agli ordini è un valore superiore alla vita stessa.

Da non confondere con la psicologia del martire, di colui che sceglie di fare un sacrificio o di rinunciare a qualcosa non perché lo vuole lui, ma per amore di qualcun altro, per il bene di un'altra persona.

Ma quando un uomo dice di essere pronto a morire per la fede, vuol dire che è disposto a rinunciare al bene della vita per il bene di chi? Della fede? Non ha senso secondo me. La fede è una questione personale, ma anche collettiva. C'è chi ce l'ha e c'è chi non ce l'ha. Se hai fede, vivi secondo i precetti della tua fede.

Quindi, essere pronti a morire per la fede, dal mio punto di vista, è un atto esclusivamente egoistico di una persona o di una collettività, perché significa essere pronti a rinunciare al bene supremo della vita, non per il bene di un'altra persona o di un'altra collettività, ma per il bene di se stessi e della propria collettività, per difendere una virtù teologale (secondo la definizione cattolica di fede), cioè per difendere Dio che non ha bisogno di essere difeso (vedi le 12 legioni di angeli), perché onnipotente.

La fede è una delle tre virtù teologali. Arriva da Dio, da quel Dio che ha sacrificato suo Figlio non per fede, ma per amore verso il mondo, per noi, per darci la vita eterna.

Non voglio dire che Vittorio Messori sia un terrorista kamikaze, ma semplicemente segnalare l'inghippo psicologico che sta alla base di molti fondamentalismi e scontri religiosi, alcuni dei quali sfociano nella violenza e nella guerra, esaltando la morte e disprezzando la vita con la scusa della fede.

La vita è più importante della fede e va preservata, difesa, perché non ci può essere carità e amore, se prima non c'è vita.

Siccome Gesù vuole l'unità dei cristiani affinché il mondo creda, il cristiano dovrebbe essere pronto a rinunciare alla propria fede (non alla vita) per amore e carità di chi non crede o di chi ha una fede diversa o è più debole nella fede.

Io non sono pronto a morire per la fede e non ho nessuna intenzione di sacrificarmi per la fede, proprio perché credo in Gesù e nel suo sacrificio. Lui è morto per darci la vita eterna (che non vuol dire vivere in eterno in questo mondo). La sua morte ha un significato e un valore importante per farci comprendere il valore e l'importanza della nostra vita e della vita altrui che dobbiamo amare .

Io preferirei dire che sono pronto a vivere per la fede, per testimoniare la fede affinché il mondo creda. La morte va sempre ripudiata, altrimenti si vanifica il sacrificio di Gesù morto per la nostra salvezza e si promuovono gli istinti suicidi. Invece è la croce che il cristiano deve imparare a portare e ad accogliere, non la morte, perché è la croce che ci apre la strada verso la vita.

Non confondiamo la morte con la croce che sono due cose diverse. La croce rappresenta la sofferenza e la morte di Gesù oltre la quale c'è la risurrezione e la vita eterna alla quale siamo chiamati seguendo il Suo insegnamento, mentre la morte è la la negazione della vita, oltre la quale c'è solo il giudizio della Parola di Dio.

Cristiano cretino

Leggendo sui giornali, su Internet e in TV sento dire che il matematico Odifreddi ha definito il cristiano un cretino, forse da un punto di vista etimologico. E' vero, il cristiano è un cretino, forse non solo da un punto di vista etimologico.

Infatti in etimologia la parola "cretino" deriva dalla parola "cristiano". Questo lo diceva già lo scrittore Vittorio Messori 25 anni fa nel suo libro "Scommessa sulla morte", edizioni SEI, dove gli ha dedicato, a pagina 325 del libro, un paragrafo intitolato: Cristiano-cretino.

Ma vediamo cosa scriveva Vittorio Messori nel lontano 1982 in quel paragrafo del libro.

C'è, nella Chiesa, chi vorrebbe nasconderlo; c'è chi, se costretto, lo ammette a mezza voce. Eppure è un fatto: la parola "cretino" deriva direttamente da "cristiano".

Messori continua:

Ma perché, secondo quella spia infallibile che è la lingua, il cristiano è un cretino? Perché lo si è creduto tale sin da subito, come già si legge nelle lettere di Paolo? Il quale tra l'altro, invece di indignarsi ammette che è vero: sì, si è cristiani perché si presta fiducia ad una "cretinata".

Non è forse da "cretini" - da "somari" inginocchiarsi davanti a quel disgraziato che la croce degradava ufficialmente (lo sanciva il diritto romano) da persona ad animale, anzi a cosa? Questa immagine svilita e avvilente di Dio è infatti uno scandalo intollerabile per gli altri monoteismi: per l'islamismo con il suo Allah inaccessibile; ma anche per l'ebraismo con il suo Javhè così vicino ad Israele e insieme così lontano da non poter neppure pronunciarne il nome.

Messori poi aggiunge qualcosa che fa riflettere sul significato del crocefisso. Così scrive:

Insistono tutte le artes morendi cristiane: dal suo letto, il malato deve poter vedere un crocefisso. E' tra le condizioni indispensabili, suggerite dall'esperienza diretta di quegli autori ; nè si può dar loro torto.

Al di fuori di quella morte, c'è qualche altra vista al mondo che possa dire altrettanto a chi muore? Si chiede l'autore del libro.

"Solo Dio che soffre può venire in aiuto", ripeteva dal fondo della sua cella Dietrich Bonhöffer, citando quel che sappiamo della lettera agli Ebrei: " proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova ..."

Io posso, devo ribellarmi a un Dio che troneggia in una beatitudine indisturbata o in una trascendenza apatica. Ma non posso ribellarmi al Dio che nella sofferenza di Gesù mi ha rivelato tutta la sua com-passione.

Vittorio Messori conclude il paragrafo scrivendo:

"Non dimenticarlo: il cristianesimo non è parole ma fatti. Ora: la morte è un fatto, il più concreto e terribile dei fatti. Puoi cercare ovunque, ma troverai soltanto la risposta cristiana che a quel fatto opponga un altro fatto."

Quel fatto è la risurrezione di Gesù avvenuta il terzo giorno.

Cosa può opporre la matematica e la logica all'irrazionalità della morte, se non un altro fatto irrazionale e fuori da ogni logica quale è la risurrezione in cui crede il cristiano cretino?

La favola di Cristo

Navigando qua e là, mi sono imbattuto nel sito Luigi Cascioli Anti-Religions.org: la favola di Cristo dove leggo: ateismo contro cristianesimo. Ateismo attacca cristianesimo con una denuncia contro la Chiesa Cattolica sostenitrice di un'impostura basata su falsi documenti, quali la Bibbia ed i vangeli, attraverso la violenza dell'inquisizione e il plagio ottenuto con l'esorcismo, il satanismo e altre superstizioni.

Ho tovato singolari quelle pagine anche se non ne condivido le tesi.

Il sito di Vittorio Messori

Uomini che lasciano il segno

  • Vittorio Messori Scrittore e giornalista cattolico, Vittorio Messori mi ha sempre affascinato con il suo modo di scrivere e di analizzare i fatti.
Quando ero al liceo, il suo libro: "Ipotesi su Gesù", era il libro di testo che il nostro professore di religione aveva adottato ufficialmente. Ho quindi avuto modo di studiare quel libro per ben tre anni scolastici in modo molto approfondito.

Ai tempi del liceo l'ora di religione era qualcosa di noioso per me, ma la lettura di quel libro, fatta dal nostro professore di religione, riusciva a rendermela interessante. Quando poi è uscito il libro "Scommessa sulla morte", sempre di Vittorio Messori, sono andato a comperarlo in libreria e non nascondo quanto sia stata illuminante per me la sua lettura. Ti segnalo quindi il suo sito e ti consiglio la lettura di quei due libri perchè a me sono piaciuti.