Il pedaggio del lavoro

Pedaggio autostradaleIn questo articolo allarghiamo l'inquadratura verso un pedaggio pensato per soddisfare i bisogni umani meno impellenti di quelli dell'articolo precedente. Si tratta del pedaggio autostradale. Non tutti gli Stati fanno pagare il pedaggio per usare l'autostrada e soddisfare i bisogni del viaggiatore. Gli Stati un gradino più progrediti ed evoluti non fanno mai pagare il pedaggio autostradale, invece gli Stati più arretrati e meno progrediti fanno sempre pagare il pedaggio, perché devono lucrare sui bisogni del viaggiatore. Del resto tutti gli operai e i professionisti  fanno pagare un pedaggio al proprio datore di lavoro o al proprio cliente per usare i loro servizi professionali o di manodopera, perché il lavoro è una forma di proprietà privata.

Lo fanno perché non si sono ancora evoluti e sono ancora arretrati sotto il profilo evolutivo dell'unità. Non esiste un obbligo di servirsi dei servizi autostradali a pagamento come il pedaggio autostradale. Puoi usare la normale strada statale, provinciale o regionale per spostarti e muoverti da migrante, pendolare o da turista. Perché ti servi dell'autostrada, visto che nessuno ti obbliga a farlo? Qual è il tuo impellente bisogno che ti porta a prendere l'autostrada, visto che le autostrade negli Stati culturalmente più arretrati sono gestite da oligarchie che puntano esclusivamente sul profitto dei pedaggi? Il risparmio di tempo? La maggiore sicurezza, visto che l'autostrada è priva di attraversamenti a raso? La comodità?

Ognuno avrà la sua squallida risposta che punterà sulla necessità di far circolare i Capitali e le persone nel modo più efficente e veloce come impongono le assurde e obsolete regole del capitalismo neoliberista.

Invece l'uso dell'autostrada dovrebbe essere dettato dalla maggiore sicurezza che tale strada dovrebbe offrire per tutti, sicurezza che va a cozzare con la dittatura del profitto e del tempo-denaro sui quali punta l'ideologia neoliberista imperante e della quale la Proprietà Privata è il principale pilastro portante.

L'ombra piedi a pagamento

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toilette_wc_pagamentoIn una società capitalista come la nostra anche l'ombra si paga, come si paga ogni bisogno, giustamente. Ma è sbagliato. In una società capitalista, tutto si paga, perché tutto viene privatizzato e finisce sotto il dominio della Proprietà Privata che legittima l'accaparramento del territorio e delle sue risorse nelle mani di un soggetto privato sulla base dei bisogni anche fittizi dei cittadini da sfruttare. In una società capitalista, lavorare gratis, senza essere pagati, sul lungo periodo, porta al fallimento il lavoratore sottopagato o che lavora gratis. Così l'ombra dei piedi a gratis porta al fallimento il gestore dell'ombrellone, il quale ha acquistato l'ombrellone con un mutuo da pagare.

Il "territorio" e il suo accaparramento da parte di soggetti privati lo possiamo anche chiamare in termini economici: "mercato". "Conquista di nuovi territori" equivale a dire: "conquista di nuovi mercati".

Non ci vuole una grande intelligenza per capirlo. Tuttavia sulla spiaggia a Ferragosto, nessuno ti obbliga a camminare sulla sabbia rovente per andare da Beppe Grillo a pagare un euro l'ombra per i piedi del suo ombrellone, come il noto comico mostra in un suo video ironico: "Tempi di crisi". Puoi camminare sul bagnasciuga o battigia della spiaggia, sempre che questa non venga accaparrata e recintata da un soggetto privato legittimato dalla civile cultura occidentale capitalista a farti pagare per accedervi.

Non è quindi il caso di meravigliarci o scandalizzarci se il migrante che arriva in occidente squattrinato, poi esegue i suoi bisogni sulla strada o sul marciapiede. Evidentemente l'avanzata civiltà occidentale che si riempie la bocca di globalizzazione e circolazione dei capitali non può provvedere a dotare il territorio di WC e toilette ad accesso gratuito per tutti, pena il suo fallimento, per venire incontro ai bisogni di ogni cittadino.

Un società dominata dalla Proprietà Privata e dal Capitale che ne consegue non è quindi una società civile.

Gesù e la gestione dell'identità

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English: CryptoCard security token, displaying...

English: CryptoCard security token, displaying a One Time Password, being held in front of a Citrix XenApp login screen, partially filled in with example details. (Photo credit: Wikipedia)

Tu sai che nei Vangeli ad un certo punto Gesù pone ai suoi discepoli una certa domanda: "E voi chi dite che io sia?"
Rivediamo quei passaggi.

Marco 8,27: Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista, altri poi Elia e altri uno dei profeti». Ma egli replicò: «E voi chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E impose loro severamente di non parlare di lui a nessuno.

Matteo: 16,13: Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: «La gente chi dice che sia il Figlio dell'uomo?». Risposero: «Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti». Disse loro: «Voi chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente». E Gesù: «Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Si tratta di un tipico problema di gestione e riconoscimento dell'identità di una persona. E' un tipico problema di login o logon. La definizione della parola inglese "login" data dal vocabolario Zingarelli è: "procedura di accesso ad un sistema che prevede l'inserimento di nome utente e password". Wikipedia la definisce come: "procedura di autenticazione".

Tutte le volte che ti colleghi ad un sistema informatico o meno per leggere o spedire email o per chattare in un forum o per fare acquisti in un negozio online, per esempio, di solito ti trovi di fronte ad una procedura di login. Per autenticarti occorre dare una password che altro non è che una chiave di autenticazione o chiave di accesso al sistema, chiamata in gergo militare: "parola d'ordine" che deve restare segreta, non divulgata, altrimenti perde di efficacia. La chiave o password, poi, deve essere quella giusta. Con la password sbagliata si riceve un errore di autenticazione.

In Matteo 16, 13-20 ci sono tutti gli ingredienti di un sistema di login, inteso come sistema di autenticazione dell'identità con password che non deve essere divulgata. Per rendere segreta la password, per impedirne la diffusione, in modo da non renderla leggibile in chiaro, in Informatica, la si cripta con un altra password o chiave segreta.

Pietro, come raccontato da Matteo, dà a Gesù la risposta giusta, la password o parola d'ordine giusta e viene riconosciuto da Gesù come colui che può accedere al sistema, in questo caso il regno dei cieli. Gesù quindi riconosce Pietro come la persona sulla quale fare affidamento per edificare la sua Chiesa. Ma per accedere al sistema "regno dei cieli" che poi è il regno dello spirito in contrapposizione al regno della carne, occorrono altre password (chiavi) che Gesù darà a Pietro in un futuro non ben precisato. Con quelle chiavi Pietro potrà criptare (velare, legare, nascondere) sulla terra, nel dominio della carne, come nel cielo, nel dominio dello spirito, ciò che è decriptato, slegato, svelato, in chiaro, e viceversa, allo stesso modo, potrà decriptare, svelare, slegare, liberare, mostrare, sulla terra, nel dominio della carne, come nel cielo, nel dominio dello spirito, ciò che è criptato, legato, velato e nascosto.

Le chiavi del regno dei cieli (il regno dello spirito) giustamente non sono una esclusiva di Pietro, perché Gesù non dice "Solo a te darò le chiavi ...", ma le chiavi per accedere al regno dello spirito vengono date, in tempi diversi, a tutti quelli che arrivano a riconoscere Gesù come il figlio del Dio vivente.

Amicizia e Proprietà Privata

La parola "amicizia" secondo il dizionario Zingarelli significa: "Affetto vivo e reciproco tra due o più persone".
L'amicizia è una bella cosa, purtroppo, dal mio punto di vista, resta una pia illusione in questo mondo, almeno fino a quando si continuerà a legittimare la Proprietà Privata con tutti i suoi annessi e connessi.

Nel Vangelo di Giovanni, al capitolo 15, viene fatto dire a Gesù: "Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi."

Sembra che ci sia una contraddizione in quelle parole: "Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando". Qui Gesù condiziona e subordina l'amicizia all'esecuzione dei suoi ordini. E' un tipico rapporto servo-padrone: Gesù comanda, il discepolo ubbidisce ed esegue gli ordini. Ma è una constatazione di Gesù. Il padrone ama il servo ed è suo amico se il servo ubbidisce. Tuttavia l'amicizia è un sentimento di affetto vivo (di amore) RECIPROCO. Non ci potrà mai essere amicizia tra un servo e un padrone perché il padrone è il proprietario e il servo è in una condizione di servitù, dove la sua libertà e la sua conoscenza sono limitate.

Il servo non amerà mai il padrone e siccome l'amicizia, secondo la definizione dello Zingarelli, è un sentimento di affetto vivo reciproco tra due o più persone, ne deriva che il rapporto servo-padrone non è un rapporto di amicizia e non lo sarà mai. Quelle parole, infatti, sono subito soppiantate da quelle successive: "Non vi chiamo più servi, ..., ma vi ho chiamati amici, ...". In queste ultime parole, Gesù per poter chiamare amici i suoi discepoli e instaurare un rapporto di amicizia con loro, cioè un rapporto di affetto reciproco, deve rinunciare al rapporto servo-padrone con i suoi discepoli e liberarli dalla condizione di servitù e, quindi, deve rinunciare a chiamare servi i suoi discepoli, condividendo con loro la conoscenza ("tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi").

Come si libera un servo, uno schiavo dalla condizione di servitù, di schiavitù? Lo si libera eliminando o meglio, delegittimando il padrone, cioè delegittimando il proprietario e quindi eliminando, o meglio, delegittimando la Proprietà Privata colei che legittima e crea il padrone e che, di conseguenza, legittima e crea il suo servo.

Fino a quando la Proprietà Privata continuerà a essere legittimata in questo mondo, ci saranno padroni e servi. Di conseguenza i rapporti umani non potranno mai essere rapporti di amicizia, ma sempre e solo rapporti conflittuali, di scontri e contrasti.

Su Facebook, va di moda, si usa chiedere l'amicizia virtuale, ma è una amicizia, come tutte le amicizie anche reali e concrete che io ritengo fasulla e ipocrita. Serve solo a lenire il senso di colpa che nasce nel rapporto servo-padrone che tutti, bene o male, viviamo con qualcuno. Sarebbe più onesto chiedere non l'amicizia, ma l'interesse, l'attenzione.

Essere in mezzo o essere una cosa sola ?

English: Brendan Townsend conducting the Lared...
Pensiamo ad una orchestra, ad un coro. Se l'orchestra si riunisce in un concerto nel nome del suo direttore d'orchestra, ma poi quando è il momento di cantare o suonare una sinfonia con gli strumenti musicali, ogni orchestrante o corista suona o canta per conto suo in modo stonato, senza accordarsi con il direttore, senza seguire i tempi e le partiture, attaccando quando gli pare, senza seguire il suo direttore, ne esce fuori solo una grande disarmonia e il direttore d'orchestra si sentirà inutile, si sentirà come un estraneo in mezzo ad una assemblea di persone che suonano e cantano in gruppo, un gruppo che non è più una orchestra o un coro. Cosa dirà quel direttore? Dirà: "Dove due o tre sono riuniti in assemblea nel mio nome per suonare e cantare, ma poi non si fanno una cosa sola con me, con la mia voce, io sto soltanto in mezzo a loro."

E' importante che chi si riunisce in assemblea nel nome di qualcuno per chiedergli qualcosa, per ballare un ballo di gruppo o per suonare un concerto, o per cantare in coro, sappia poi farsi uno con lui, cioè sappia accordarsi, armonizzarsi con lui, nei suoi movimenti, nel suo strumento musicale, nella sua voce, perché altrimenti, se non si accorda, non si ottiene nulla e quel qualcuno si sentirà inutile e dirà: "Dove due o tre sono solo riuniti in assemblea nel mio nome, ma il loro cuore è lontano da me, io sto soltanto in mezzo a loro e non otteniamo niente."

In verità vi dico ancora: "se due di voi sopra la terra si accorderanno (συμφωνήσωσιν - symphōnēsōsin) per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti (συνάγω sunagó) nel mio nome, io sono in mezzo a loro" Mt. 18, 19-20.

E' chiaro che per Gesù non basta essere riuniti in assemblea nel suo nome per ottenere concessioni dal Padre, occorre che l'assemblea riunita nel suo nome sappia accordarsi, cioè armonizzarsi, sappia farsi una cosa sola con lui come in una sinfonia dove il singolo orchestrante o corista si fonde con il coro o l'orchestra.

Condividere o vendere? 2

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Nell'articolo precedente: vendere o condividere, ho parlato dell'episodio del giovane che si rivolge a Gesù per chiedergli cosa deve fare per avere la vita eterna. In quell'episodio Gesù risponde al giovane dicendo che, per essere perfetto, gli manca una cosa sola: vendere tutto quello che possiede e distribuirlo ai poveri, per poi seguirlo (Matteo 19,21).

Qui intendo riprendere il discorso alla luce dell'episodio evangelico dove una donna versa un prezioso olio profumato su Gesù. Rileggiamoli quei versetti:

Marco 14,3-7
Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo. Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: «Perché tutto questo spreco di olio profumato? Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona; i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre. Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura.

Giovanni 12,3
Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: «Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». Questo egli disse non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».

In questi episodi i discepoli di Gesù non fanno altro che predicare alla donna quanto Gesù insegna al giovane ricco in Matteo 19,21. Tuttavia qui Gesù non asseconda i suoi discepoli e pare contraddire se stesso. Perché? Perché Gesù non dice alla donna di andare a vendere il profumo e distribuire il ricavato ai poveri così da avere un tesoro in cielo ed essere perfetta? La donna non vende il profumo per distribuire il ricavato ai poveri, ma non fa altro che condividere un bene prezioso direttamente con Gesù. C'è una condivisione, non c'è una vendita. Ricordo che la vendita presume la legittimazione della Proprietà Privata, la condivisione invece può fare a meno della Proprietà Privata.

Qui ricorre di nuovo il verbo "avere": "... i poveri li avete sempre, non sempre avete me". Qui Gesù si contraddice un'altra volta, perché quando Gesù dice: "Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Matteo 28,20) vuol dire che lui non ci ha mai lasciato e quindi non ha senso dire: "non sempre avete me" se Gesù sa già di essere con i suoi discepoli tutti i giorni. Dal mio punto di vista è chiaro che gli evangelisti fanno dire a Gesù quello che fa comodo a loro a seconda delle circostanze.

Gesù, tuttavia, ha una sua logica che non è la logica del mondo, del vendere e del comprare, del mercanteggiare, del dare e avere, ma è quella del condividere e dell'essere.

Quindi come vanno riscritte le parole di Gesù in quei versetti? Secondo me vanno riscritte in questo modo: allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto condiviso verso di con me un bene prezioso compiendo un'opera buona; io e i poveri infatti li avete sempre siamo sempre con voi e potete beneficarci quando volete, me invece non mi avete sempre. Essa ha fatto ciò che era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura condividendo l'unguento con me lo ha conservato, lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura perché ciò che si condivide si conserva e non va perduto.

Appunto, ciò che si vende lo si perde, mentre ciò che si condivide non lo si perde, ma lo si conserva.

Vendere o condividere ?

Voglio aprire una riflessione su alcuni passi del Vangelo nei quali Gesù invita a vendere i propri beni per darli ai poveri. Vediamoli.

Italiano: Falce e Martello: simbolo del Comuni...

Italiano: Falce e Martello: simbolo del Comunismo che rappresenta l'unione dei lavoratori delle campagne (Falce) e delle città (Martello). (Photo credit: Wikipedia)

Matteo 19,21
Gli disse Gesù: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi».

Marco 10,21
Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi».

Luca 18,22
Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi».

Ho già spiegato in un precedente articolo che, dal mio punto di vista, il vendere tutto per distribuire il ricavato ai poveri, in questo mondo, in una economia di mercato basata sulla legittimazione della Proprietà Privata, non ha alcun senso ed è una politica fallimentare, come lo è stata l'ideologia comunista che espropriava senza delegittimare la Proprietà che restava saldamente nelle mani dello Stato.

Mauro Biglino, famoso studioso e traduttore di testi biblici, ha fatto interessanti commenti e osservazioni reperibili online su YouTube su questi passi evangelici, dicendo che se i preti, nelle loro omelie in chiesa, invitassero i fedeli a fare come dice Gesù in quei versetti, perderebbero tutti i fedeli in pochi minuti. Mauro Biglino ha ragione, perché lui legge quello che c'è scritto nei testi biblici senza tante interpretazioni di comodo, per dare la possibilità ai veri cercatori di Dio di trovare il vero Dio liberandosi dall'idea di un dio falsamente costruito su testi che di Dio hanno poco a che vedere.

Il fatto è che quelle parole, messe in bocca a Gesù dagli evangelisti, sono coerenti con la logica liquida (di acqua) del mondo pagano e non con la logica di Gesù, perché Gesù nella sua logica liquida invita a seguire Giovanni Battista il quale invitava a condividere i beni (Lc.3,11) e non invitava a espropriarsi del necessario. Il "vendere", nella logica liquida del mondo pagano, presume la legittimazione della Proprietà Privata. Quando si legittima la Proprietà Privata, si legittima un padrone e si legittima un servo, perché non c'è un padrone senza un servo e non c'è un servo senza un padrone. Di conseguenza, con la legittimazione della Proprietà Privata si legittima la legge del più forte, la legge del padrone, si legittima la schiavitù e lo "sfruttamento" del servo da parte del padrone.

"Vendere" e "condividere" sono verbi dal significato profondamente diverso ed uno esclude l'altro, perché ciò che viene condiviso tra tutti non è possibile venderlo senza il consenso di tutti. Di conseguenza, se non è possibile vendere ciò che si condivide, vuol dire che non c'è più un proprietario, non c'è più un padrone e quindi non c'è più un servo, ma ci sono solo tanti amici (Gv.15,15) che tengono tutto in comune.

Quindi cosa ha probabilmente realmente detto Gesù al giovane ? Secondo me ha detto: "Udito ciò, Gesù gli disse: «Una cosa ancora ti manca: vendi condividi tutto quello che hai, distribuiscilo ai condividilo con i poveri e avrai sarai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi».

Lotta per il potere

Lotta per il potere (Photo credit: Wikipedia)

La parola "potere" come sostantivo maschile ha diversi significati e definizioni, fra questi il dizionario Zingarelli dà: "Facoltà di operare secondo la propria volontà" che equivale alla definizione di "comandare": "Imporre autorevolmente la propria volontà, manifestarla affinché sia eseguita".

La parola "ubbidienza" invece fa riferimento all'atto dell'obbedire che secondo il dizionario Zingarelli significa: "Fare ciò che altri vuole, eseguire gli ordini, i consigli, i suggerimenti di qualcuno".

Come il Comando genera l'Ubbidienza, così la Proprietà genera l'Esproprio.

In ogni sfera sociale, dalla più alta alla più bassa, quando l'uomo non è più isolato, cade sotto la legge di un capo. Ma vediamo cosa dice lo psicologo francese Gustav le Bon in merito. La maggior parte delle persone sono incapaci di guidarsi. Il condottiero serve loro da guida. Può essere sostituito, ma non in modo completo, da quelle pubblicazioni periodiche che fabbricano delle opinioni per i loro lettori e procurano loro "frasi fatte" dispensandoli dal riflettere e dal ragionare. L'autorità dei condottieri è molto dispotica, e non arriva ad imporsi che con questo dispotismo. Si è notato come si facciano ubbidire facilmente, senza tuttavia possedere nessun mezzo per appoggiare la loro autorità, tra gli operai più turbolenti. Essi fissano le ore di lavoro, i salari, decidono gli scioperi, li fanno cominciare o cessare a ore fisse.

Si può fare una divisione abbastanza netta nella classe dei condottieri. Gli uni sono uomini molto energici, dalla volontà tenace, ma momentanea; gli, altri, molto più rari, possiedono una volontà forte e tenace nello stesso tempo.

Joachim Murat

Joachim Murat (Photo credit: Wikipedia)

I primi sono violenti, arditi. Sono utili specialmente per dirigere un colpo di mano, per trascinare le masse nonostante il pericolo, e trasformare in eroi le reclute del giorno prima. Così furono, ad esempio, Ney e Murat, sotto il primo Impero. E così fu Garibaldi, uomo del popolo, ma energico, che riuscì con un pugno d'uomini, ad impadronirsi dell'antico regno di Napoli difeso da un esercito disciplinato. Ma se l'energia di simili condottieri é potente, è però momentanea e non sopravvive al movente che l'ha creata. Rientrati nella corrente della vita ordinaria, gli eroi spesso danno prova di una sorprendente debolezza, come quelli che ho citato dianzi. Sembrano incapaci di riflettere e di comportarsi nelle circostanze più semplici, dopo aver così ben guidati gli altri. Questi agitatori possono esercitare la loro funzione soltanto alla condizione d'essere stimolati essi stessi e eccitati continuamente, di sentire sempre sopra di loro un uomo o un'idea, di seguire una linea di condotta ben definita.

La seconda categoria, degli agitatori, quella degli uomini dalla volontà durevole, esercita una influenza più notevole, ma con forme meno appariscenti. In essa si trovano i veri fondatori di religioni o di grandi opere: S. Paolo, Maometto, Cristoforo Colombo, Lesseps. Intelligenti o senza ingegno, la folla sarà loro. La volontà persistente che essi possiedono è una dote infinitamente rara e infinitamente potente che fa piegare tutto. Di solito non ci si rende abbastanza conto di quanto può una volontà forte e continua. Nulla sa resisterle, né la natura, ne gli dei, né gli uomini.

Quando si tratta di esaltare per un momento una folla e di condurla a commettere un atto qualsiasi saccheggiare un palazzo, farsi massacrare per difendere una barricata, bisogna operare su di essa con mezzi rapidi di suggestione. Il più energico è l'esempio. E' allora necessario che la folla sia preparata da talune circostanze, e che colui il quale vuol trascinarla possieda la qualità che io studierò più oltre sotto il nome di prestigio.

Quando si tratta di far penetrare lentamente idee e credenze nello spirito delle folle - le teorie sociali moderne, ad esempio - i metodi dei condottieri sono diversi. Essi sono principalmente ricorsi a questi tre procedimenti: l'affermazione, la ripetizione, il contagio.

L'affermazione pura e semplice, svincolata da ogni ragionamento e da ogni prova, costituisce un sicuro mezzo per far penetrare un'idea nello spirito delle folle. Più l'affermazione è concisa, sprovvista di prove e di dimostrazione, più essa ha autorità: I libri religiosi e i codici di tutte le epoche hanno sempre proceduto per semplice affermazione. Gli uomini di Stato chiamati a difendere una causa politica qualunque, gli industriali che diffondono i loro prodotti con annunci, conoscono il valore dell'affermazione. Quest'ultima non acquista tuttavia reale influenza se non a condizione d'essere costantemente ripetuta, e il più possibile, negli stessi termini. Napoleone diceva che esiste una sola figura seria di retorica, la ripetizione.

La cosa affermata riesce a stabilirsi negli spiriti a tal punto da essere accettata come una verità dimostrata. Ben si comprende l'influenza della ripetizione sulle folle, vedendo quale potere essa esercita sugli spiriti più illuminati.

La cosa ripetuta finisce difatti per attecchire in quelle regioni profonde dell'inconscio in cui si elaborano i motivi delle nostre azioni. In capo a qualche tempo, dimenticando quale è l'autore della affermazione ripetuta, finiamo per credervi. In tal modo si spiega la forza mirabile dell'annunzio. Quando abbiamo letto cento volte che il miglior cioccolato è il cioccolato X, noi ci immaginiamo d'averlo inteso dire di frequente e finiamo per averne la certezza. Persuasi da mille attestazioni che l'intruglio Y ha guarito i più grandi personaggi dalle più tenaci malattie, il giorno in cui siamo colti da una malattia dello stesso genere, finiamo per essere tentati di provarla. A furia di veder ripetere dallo stesso giornale che A è un perfetto cretino e B un onestissimo uomo, finiamo per esserne convinti, considerato, s'intende, che non leggiamo di frequente un altro giornale d'opinione contraria, in cui i due qualificativi siano invertiti.

L'affermazione e la ripetizione sono abbastanza potenti per potersi combattere. Quando un'affermazione è stata sufficientemente ripetuta, con unanimità nella ripetizione, come capita in certe imprese finanziarie, si forma ciò che si chiama una corrente d'opinione e il potente meccanismo del contagio interviene.

Nelle folle, le idee, i sentimenti, le emozioni, le credenze possiedono un potere contagioso, intenso quanto quello dei microbi. Questo fenomeno sì osserva negli stessi animali non appena essi costituiscano una folla. Il tic di un cavallo in una scuderia è in breve tempo imitato dagli altri cavalli della medesima scuderia. Una paura, un movimento disordinato di qualche pecora, si propagano in breve a tutto il gregge. Il contagio delle emozioni spiega la subitaneità del panico. I disordini cerebrali, come la pazzia, si propagano anche per contagio. Si sa quanto è frequente l'alienazione negli alienisti. Si citano anche forme di pazzia, l'agorafobia (paura di attraversare un luogo aperto, come una grande piazza), ad esempio, comunicate dagli uomini agli animali.

A diagram of influenza viral cell invasion and...

A diagram of influenza viral cell invasion and replication. (Photo credit: Wikipedia)

Il contagio non esige la presenza simultanea di individui in uno stesso luogo; esso può verificarsi a distanza, sotto l'influenza di certi avvenimenti che orientano gli spiriti nello stesso senso e che danno i loro particolare carattere alle folle, soprattutto quando esse sono preparate dai fattori lontani che ho studiato più sopra. Così, ad esempio, l'esplosione rivoluzionaria del 1848, partita da Parigi e che si propagò improvvisa a una gran parte dell'Europa e scosse parecchie monarchie.L'imitazione, alla quale si attribuisce tanta influenza nei fenomeni sociali, non è in realtà che un semplice effetto di contagio. Avendo altrove la sua funzione, mi limiterò a riportare ciò che ne dicevo, or è molto tempo, e quel che è stato svolto da altri scrittori.

« Come l'animale, l'uomo ha tendenza ad imitare. L'imitazione è un bisogno per lui, a condizione, beninteso, che questa imitazione sia facile, e da questo bisogno nasce la moda. Si tratti di opinioni, di idee, di manifestazioni letterarie, o semplicemente di costumi, quanti osano sottrarsi al suo impero? Le folle si guidano con dei modelli, non con argomenti. In ogni epoca, un piccolo numero di individui imprimono quell'impulso che poi la massa inconsciamente imita. Questi individui però non devono allontanarsi troppo dalle idee ricevute. Imitarli diventerebbe allora troppo difficile e la loro influenza sarebbe annullata. Questa è la ragione per cui gli uomini troppo superiori alla loro epoca non hanno generalmente nessuna influenza su di essa. E ancora per la stessa ragione gli Europei, con tutti i vantaggi della loro civiltà, esercitano un'influenza insignificante sui popoli d'Oriente. « La duplice azione del passato e dell'imitazione reciproca, finisce col rendere tutti gli uomini di uno stesso paese e di una stessa epoca simili a tal punto che perfino in quelli che sembrerebbe dovessero maggiormente sottrarvisi - filosofi, scienziati, letterati - il pensiero e lo stile hanno un'aria di famiglia che fa subito riconoscere il tempo al quale appartengono. Un momento di conversazione con un individuo qualsiasi basta per conoscere a fondo le sue letture, le sue occupazioni e l'ambiente in cui vive » (Gustav Le Bon. "L'uomo e la società", v. II, p. 116, 1881.).

Il contagio è abbastanza potente per imporre agli uomini non soltanto certe opinioni, ma anche certi modi di sentire. Il contagio fa disprezzare, in una data epoca, un'opera, il Tannhauser, ad esempio, e qualche anno dopo la fa ammirare da quegli stessi che l'avevano maggiormente denigrata. Le opinioni e le credenze si propagano bene per mezzo del contagio, e pochissimo per mezzo del ragionamento.

Le concezioni attuali degli operai vengono apprese all'osteria, con l'affermazione, la ripetizione e il contagio.

Le credenze delle folle di tutti i tempi non si sono formate in altro modo. Renan paragona giustamente i primi fondatori del cristianesimo «agli operai socialisti che diffondono le loro idee di osteria in osteria»; e Voltaire aveva già fatto osservare a proposito della religione cristiana che « per più di cent'anni era stata accolta soltanto dalla più vile canaglia.
»

Negli esempi analoghi a quelli che ho citati, il contagio, dopo aver esercitato la sua influenza nelle classi più basse, passa in seguito alle classi superiori della società. In questo modo, ai nostri giorni, le dottrine socialiste cominciano a guadagnare coloro che, poi, ne sarebbero le prime vittime. Dinanzi al potere del contagio, anche l'interesse personale viene distrutto. E tutto ciò perché ogni opinione diventata popolare finisce con l'imporsi anche alle classi sociali più elevate, per quanto visibile possa essere l'assurdità dell'opinione trionfante.

Questa reazione degli strati sociali inferiori su quelli superiori è tanto più curiosa se si pensa che le credenze delle folle derivano sempre, più o meno da qualche idea superiore che non ha avuto influenza nell'ambiente dove era nata. I condottieri, soggiogati da questa idea superiore, se ne impadroniscono, la deformano e creano una setta che la altera di nuovo, e che la diffonde sempre più trasformata tra le folle.Diventata verità popolare, l'idea risale alla sorgente e allora agisce sulle classi elevate di una nazione. In conclusione è l'intelligenza che guida il mondo, ma lo guida da molto lontano. I filosofi creatori di idee sono da molto tempo scomparsi, quando, per effetto del meccanismo ora descritto, il loro pensiero finisce per trionfare.
Gustav Le Bon



Gesù risorto, fake news e bufala ?

English: bufala

English: bufala (Photo credit: Wikipedia)

Questo sito web ha come nome di dominio dioamore.org e come titolo: Dio + Amore = Gesù e il Vangelo, con sottotitolo: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio perché chi crede in lui non muoia ma abbia vita eterna (Giovanni 3,16).

Quello che è riportato nel Vangelo di Giovanni al capitolo 3, versetto 16, è una fake news, una notizia falsa ?

Siamo entrati in Quaresima e i cristiani di tutto il mondo si accingono a festeggiare, con la Pasqua, la risurrezione di Gesù. La risurrezione di Gesù è una fake news, una bufala, una notizia falsa ?

Io non lo so se Gesù è risorto o meno. Ci credo sulla base delle testimonianze dei suoi apostoli tramandata dalla Chiesa e per l'azione dello Spirito. Ma la risurrezione di Gesù, per chi non crede, potrebbe benissimo essere una fake, una bufala, una notizia falsa e tendenziosa diffusa a suo tempo dagli apostoli per loro motivi personali.


Serafino Massoni - FAKE NEWS VERITA' FALSITA'

Un'altra economia è possibile

L'Osservatore Romano

L'Osservatore Romano (Photo credit: Wikipedia)

"Un'altra economia è possibile. Per cambiare le regole di un capitalismo che continua a produrre scarti" è il titolo e il sottotitolo dell'articolo di fondo che il quotidiano politico religioso del Vaticano, L'Osservatore Romano, di oggi domenica 5 febbraio 2017, dedica al discorso del Papa rivolto ai partecipanti all’incontro sull’economia di comunione promosso dal movimento dei Focolari ricevuti nella mattinata di sabato 4 febbraio 2017.

Su questo sito ho già scritto in passato altri articoli in merito all'Economia di Comunione, sottolineando che il problema principale origine di ogni ingiustizia sociale, dal mio punto di vista, risiede nella legittimazione della Proprietà Privata pilastro dell'Economia di Mercato. Non vorrei ripetermi, ma temo di dovermi ripetere.

Nell'articolo sull'Osservatore Romano si legge: "Il Papa ha approfondito tre tematiche riguardanti il denaro, la povertà e il futuro. Riguardo alla prima ha sottolineato l’importanza della «comunione degli utili», perché il denaro «è importante, soprattutto quando non c’è e da esso dipende il cibo, la scuola, il futuro dei figli». Altra cosa è farlo diventare idolo, per cui «quando il capitalismo fa della ricerca del profitto l’unico suo scopo, rischia di diventare una forma di culto». Quanto alla povertà, il Pontefice ha elogiato le «molteplici iniziative, pubbliche e private» per combatterla. E ha ricordato come «la ragione delle tasse» stia «anche in questa solidarietà, che viene negata dall’evasione ed elusione fiscale». Ma nonostante ciò, ha avvertito, «il capitalismo continua a produrre gli scarti che poi vorrebbe curare». Un’ipocrisia evidente che va sconfitta puntando a cambiare le regole del gioco del sistema economico-sociale. Riguardo al futuro, infine, Francesco spera in una crescita di questa «esperienza che per ora è limitata a un piccolo numero di imprese». Una speranza ispirata al principio della reciprocità, perché — ha ricordato — «la comunione non è solo divisione ma anche moltiplicazione dei beni». L’augurio conclusivo è quello di «continuare ad essere seme, sale e lievito di un’altra economia», dove «i ricchi sanno condividere le loro ricchezze» e i poveri sono chiamati beati»."

Io sono dell'idea che in una vera economia di comunione i ricchi e i poveri non hanno più motivo di essere chiamati tali perché le risorse appartengono a tutti e tutti dovrebbero essere chiamati beati senza discriminazioni.

Il discorso di Papa Francesco rivolto ai partecipanti all'incontro sull'economia di comunione è interessante. Da come si legge sull'Osservatore Romano e dal link riportato, il Papa dice: "Pensando al vostro impegno, vorrei dirvi oggi tre cose. La prima riguarda il denaro. È molto importante che al centro dell’economia di comunione ci sia la comunione dei vostri utili. L’economia di comunione è anche comunione dei profitti, espressione della comunione della vita. Molte volte ho parlato del denaro come idolo. La Bibbia ce lo dice in diversi modi. Non a caso la prima azione pubblica di Gesù, nel Vangelo di Giovanni, è la cacciata dei mercanti dal tempio (cfr. 2, 13-21). Non si può comprendere il nuovo Regno portato da Gesù se non ci si libera dagli idoli, di cui uno dei più potenti è il denaro. Come dunque poter essere dei mercanti che Gesù non scaccia? ... È stato Gesù, proprio Lui, a dare categoria di “signore ” al denaro: “Nessuno può servire due signori, due padroni”.".

Per quanto riguarda le tasse da pagare, l'evasione e l'elusione, visto che il Papa accenna alla cacciata dei mercanti dal tempio, ricordo che qualunque tassa da pagare rende il cittadino un suddito, un suddito dello Stato o del re. Infatti, emblematico è l'episodio del Vangelo in cui si chiede a Gesù e ai suoi discepoli di pagare la tassa del tempio. In quell'episodio Gesù risponde che i figli del re non pagano le tasse. Essendo il tempio la "casa" di Dio dove Dio viene visto come un re, è chiaro che gli ebrei ritenendosi figli di Dio e quindi ritenendosi figli del re come si considerava lo stesso Gesù con i suoi discepoli, per loro non ha senso pagare una tassa del tempio, una tassa alla "casa" di Dio. Quelli che pagano le tasse al re non sono i figli del re, ma i sudditi del re.

E' chiaro che pagare le tasse a qualcuno ti rende e ti fa sentire un suo suddito. Ma noi siamo figli e non sudditi. Se non si arriva a concepire lo Stato come un padre e la Chiesa come madre e lo Stato stesso non concepisce i suoi cittadini come figli, lo Stato continuerà sempre a imporre tasse da pagare ai suoi sudditi e i sudditi, proprio perché considerati degli estranei, cercheranno sempre di ribellarsi alle tasse da pagare.

Le tasse sono ingiustizie nell'ingiustizia della Proprietà Privata. Basta pensare alle tasse che lo Stato italiano fa pagare sul lavoro, sui beni primari, sugli affitti commerciali non percepiti per morosità o sulle tasse da pagare sulle fatture commerciali non pagate. In tutto questo la Proprietà Privata svolge il suo bel ruolo di ingiustizia e discriminazione tra chi ha avuto modo di accaparrarsi risorse esclusivamente per se stesso e chi non ha avuto questa facoltà.

Dal mio punto di vista il denaro è una forma di espressione della Proprietà Privata, in particolare della Proprietà mobiliare, insieme alle altre forme di Proprietà Privata: quella immobiliare e quella intellettuale. Quando Gesù dice che non si possono servire due padroni, Dio e il denaro, non fa altro che dire che non si possono servire Dio e la Proprietà Privata.

Poi il Papa prosegue: " ... Si capisce, allora, il valore etico e spirituale della vostra scelta di mettere i profitti in comune. Il modo migliore e più concreto per non fare del denaro un idolo è condividerlo, condividerlo con altri, soprattutto con i poveri, o per far studiare e lavorare i giovani, vincendo la tentazione idolatrica con la comunione.".

Per quanto nobile possa essere la condivisione degli utili, la realtà è che in Economia, in una economia di mercato, la definizione di profitto è "l'eccedenza del ricavo lordo delle vendite sul costo totale di produzione". Prima di mettere in comune un profitto occorre realizzarlo e per realizzarlo occorre realizzare dei beni a costi più bassi del prezzo con cui poi vengono venduti.

Questo comportamento di vendere beni e servizi a prezzi più alti dei costi di produzione per realizzare un utile non fa altro che dimostrare la sottomissione di tale comportamento alle regole dell'economia di mercato tradizionale alla cui base ci sta sempre la legittimazione della Proprietà Privata, regole che non hanno niente a che vedere con le regole della vera economia di comunione le quali possono fare a meno della Proprietà Privata e della sua legittimazione, mentre le regole dell'economia di mercato non possono fare a meno della legittimazione della Proprietà Privata. Serve a poco condividere i profitti se poi quei profitti li hai realizzati sottomettendoti alle regole dettate dal padrone al quale tutti ci sottomettiamo: la Proprietà Privata, solo per illuderci di non venire scacciati come mercanti del tempio.




Papa: cambiamo le regole del sistema economico-sociale.