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La fraternità come proposta politica

Chiara Lubich, smiling, surrounded by other sm...

Chiara Lubich, smiling, surrounded by other smiling people (Photo credit: Wikipedia)

"La fraternità come proposta politica" è stato il tema dell'incontro che si è tenuto Il 1° luglio 2012 a Torino al teatro Alfieri per festeggiare il decimo anniversario del conferimento della cittadinanza onoraria di Torino a Chiara Lubich, la fondatrice dell'Opera di Maria.

Il ministro della salute Renato Balduzzi ha fatto pervenire i suoi saluti e nel suo messaggio letto dalla relatrice ha detto che: "La fraternità è una espressione del mondo solidale e concreta in cui ci si fa carico delle sofferenze delle singole persone e al contempo ci si impegna a tutelarne e ad accrescerne i diritti nella coscienza che è possibile agire per il bene di ognuno avendo come orizzonte l'umanità intera... ".

Anche il Ministro del lavoro Elsa Fornero ha fatto pervenire i suoi saluti e nel suo messaggio ha sottolineato l'importanza dell'impostazione economica basata sulla fraternità e sulla solidarietà. Secondo Elsa Fornero l'uscita dalla crisi in cui ci troviamo "non può avvenire soltanto dalle leggi, dalle facilitazioni, dai sussidi, tutti necessari ma non sufficienti, ma viene dall'impegno personale, dalla fatica quotidiana, dal fare qualcosa in più, viene dal rimescolare le carte, dall'innovare le condizioni, dall'agire in base a principi di fraternità e solidarietà".

Cantieri di fraternità. La parola è stata poi passata ad uno degli ospiti, il sindaco del Comune di Montecosaro (Macerata) nelle Marche: Stefano Cardinali che è anche vicepresidente dell'associazione Città per la Fraternità nata nel 2007 a Rocca di Papa, a cui aderiscono oltre centocinquanta Comuni italiani tra cui il Comune di Torino. L'obiettivo dell'associazione è quello di diffondere nella vita politica il principio della fraternità partendo dagli enti locali come metodo concreto per l'affermazione del bene comune.

Video del conferimento della cittadinanza onoraria di Torino a Chiara Lubich nel 2 giugno 2002


"Farsi santi attraverso la politica" è la sintesi del messaggio di Chiara Lubich.

Chi segue questo sito già sa cosa ne penso della politica e non sto qui a ripeterlo, ma rimando ad un mio precedente post in merito: politica molto ma non tutto.

La finalità della fraternità in politica, come ben evidenziato anche da Stefano Cardinali, dovrebbe essere quello del bene comune che pone l'uomo al centro guardando prima di tutto la persona, i suoi diritti e i suoi bisogni.

Io mi chiedo come concretizzare i principi di fraternità in questi giorni che vedono impegnati molti cittadini a ricalcolare la tassa IMU con le nuove aliquote aggiornate e deliberate dai Comuni, facendo perdere loro un sacco di tempo a controllare e ricalcolare valori che alla fine si traducono, come nel mio caso, solo in fonte di nervosismo, ritrovandomi vessato da normative a mio avviso assurde e inique, frutto di menti politiche malate e insensibili ai bisogni dell'uomo.

Dal mio punto di vista, la fraternità in politica è un obiettivo positivo, ma ha poco senso intendendo la politica come l'arte di amministrare lo Stato o una città. Ho già spiegato che la fraternità in politica, secondo me, oggi come oggi non ha alcun senso, se non quello di prendersi in giro, perché la politica è la scienza di governare e, governare significa esercitare un potere nell'ambito di uno Stato o di una città sui cittadini sottomessi al potere e, quindi, servi del potere, altrimenti che potere sarebbe? Siccome fraternità, come vedremo, significa anche amicizia e l'amicizia non prevede un rapporto servile tra amici (non vi chiamo più servi, ma amici), io mi chiedo come possa la politica e quindi il potere di governo muoversi nell'ambito dell'amicizia. Per concretizzare: quando mai un amico ti ha chiesto il pagamento di una tassa per essere tuo amico? Già, perché se vuoi che io sia tuo amico, pagami l'IMU. Che amicizia sarebbe?

Ben venga la fraternità come proposta politica, ma a quel punto occorre prima eliminare i tre poteri dello Stato: legislativo, esecutivo, giudiziario, poteri legati in gran parte alla tutela delle varie forme di proprietà privata più che della persona, altrimenti ci prendiamo solo in giro, dal mio punto di vista.

Avrebbe più senso parlare di fraternità nella vita sociale, ma non in politica. Va detto, tuttavia, che fraternità cozza pure con famiglia oltre che con politica, perché fraternità secondo la definizione dello Zingarelli significa: "Affetto fraterno, accordo profondo tra persone non legate da vincoli di parentela. Sin. amicizia". E' chiaro che questa definizione fa a pugni con il concetto di famiglia dove l'affetto fraterno e l'accordo profondo tra persone è invece legato da vincoli di parentela. Allora come la mettiamo quando la famiglia è il perno principale su cui ruota la nostra società e le proposte politiche tendono a riconoscere e a tutelare solo la famiglia nata nell'ambito del matrimonio, cioè i vincoli di parentela, trascurando altre forme di "fraternità" ?

Chiudo riportando alcuni pensieri della sociologa Chiara Saraceno, altro ospite intervenuto all'incontro e che giustamente preferisce parlare di fratellanza. Le riflessioni di Chiara Saraceno mi sono sembrate le più stimolanti di tutte quelle che ho ascoltato durante l'incontro. Lei mette insieme giustamente il tema della fratellanza con il contratto sociale della giustizia. Secondo lei, la triade libertà, uguaglianza e fratellanza devono stare necessariamente insieme integrandosi a vicenda soprattutto nella verifica dei propri limiti. "La fraternità individua la comunità di coloro con cui ci si sente fratelli e definisce i confini sociali, territoriali entro cui ci si pensa liberi e uguali. Oggi il concetto di fratellanza e di solidarietà dove si definiscono i limiti del contratto sociale e i principi di solidarietà sulla base di una appartenenza comune che sta alla base del concetto di cittadinanza che legittima il welfare e i diritti sociali è fortemente vincolato all'interno dei confini nazionali, di quelli regionali e di quelli municipali".

Secondo Chiara Saraceno in nessun caso possono essere fatte valere come buone ragioni e interessi che ledono gravemente la libertà di essere e fare di qualcun altro ponendolo in situazioni gravemente asimmetriche rispetto alle possibilità di negoziazione e alle forme stesse di riconoscimento. "Non vi è nessuna buona ragione o interesse da difendere che possa legittimare l'esclusione delle donne dalla partecipazione ai processi decisionali. Non vi  è nessuna buona ragione per non riconoscere il diritto delle persone omosessuali a formare una coppia e a chiederne il riconoscimento sociale e giuridico se lo desiderano. Nessuna origine di nascita dovrebbe trasformarsi in un destino immodificabile".

Fratellanza, secondo Chiara Saraceno, dovrebbe significare: "fare in modo di evitare che le disuguaglianze e un accesso troppo limitato alle risorse vincoli in modo grave lo sviluppo delle capacità e intacchi le radici stesse dello stare al mondo come essere umani ledendo contemporaneamente tutte e tre le dimensioni che stanno alla base della concezione di cittadinanza: la fratellanza, l'uguaglianza, la libertà. Il compito della politica e dell'azione collettiva è appunto fornire le risorse perché gli individui possano sviluppare appieno queste capacità e metterle in atto a partire dall'infanzia e lungo tutto il corso della vita".

Chiara Saraceno conclude dicendo che le comunità di appartenenza, i soggetti e i movimenti collettivi, le fratellanze in cui ci riconosciamo sono importanti in quanto "strumenti di capacitazione" abilitanti le capacità individuali come mezzi spesso indispensabili piuttosto che come fini. "Non possono, non potrebbero e non dovrebbero arrogarsi il diritto di parlare in nome degli individui e della loro libertà. E' una questione che riguarda innanzitutto le comunità etniche e religiose nella misura in cui rivendicano diritti comunitari piuttosto che individuali in nome della comunità e della fratellanza e che pretendono il sacrificio delle libertà individuali a priori, ma riguarda anche i regimi che in nome di una qualunque rivoluzione di unità nazionale sopprimono la libertà dei loro cittadini, ma riguarda anche i partiti e i sindacati nella misura in cui facciano prevalere la lealtà di gruppo a prescindere dalla libera discussione e dal confronto di interessi e punti di vista diversi e anche in conflitto. Riguarda, più in generale, tutte quelle concezioni in cui la comunità e i suoi legami, a partire dalla famiglia, vengono considerati prevalenti rispetto agli individui".

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Il pane che non perisce

Dopo essermi cibato per 15 giorni di IMU, di tasse municipali sugli immobili e relativa burocrazia, il pane che perisce e che diventa prima o poi maceria, è ora di riprendere il volo e lo faccio con la Parola di Vita di questo mese, giugno 2012, pubblicata su Città Nuova n.14 /1985, ripresa e commentata nel video seguente.
 


 


Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo.
Gv. 6,27

Come si legge nel Vangelo, Gesù si sottrae alla folla che lo vuole fare re così come oggi la folla farebbe re o Presidente del Consiglio un Silvio Berlusconi, un Umberto Bossi, un Mario Monti o un Pierluigi Bersani, tutti uomini pronti a nutrirti con il pane che perisce, con la burocrazia, con le promesse di pensioni, di posti di lavoro, di sussidi, di pane pagato con i proventi delle tasse sugli immobili come l'IMU, immobili destinati a crollare pure loro per diventare cumuli di macerie.

Fai attenzione che il verbo "dare" è al futuro e non al presente e nemmeno al passato. Cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà, non "vi ha già dato" o "vi dà", ma "vi darà". Questo cibo arriverà.

Viene allora spontaneo chiedersi: ma quando ce lo darà questo pane che rimane per la vita eterna? La risposta è contenuta nei versetti successivi del Vangelo di Giovanni, ma anche nel commento della Parola di Vita: il pane della Vita è Gesù con il suo insegnamento che ci viene dato con l'eucaristia e il Vangelo.

Amare fino alla fine

In questo post voglio fare una riflessione sulla bella Parola di Vita di questo mese, di Chiara Lubich: "Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine". Ho riflettuto su quella Parola di Vita di Agosto cercando di capire cosa volesse dire l'evangelista Giovanni con "amare fino alla fine". Secondo me è importante capire il significato della parola greca "telos" tradotta comunemente con "fine". Secondo la mia sensibilità spirituale "amare fino alla fine" GV.13,1 significa amare fino al raggiungimento dello scopo ultimo, fino alla meta (telos), secondo il significato greco di "telos". La meta, lo scopo di Gesù è la nostra salvezza che è anche lo scopo ultimo di Dio che manda Gesù per salvarci.

Gesù ama i suoi discepoli fino alla loro salvezza e conseguente risurrezione. La meta ultima dell'amore di Gesù è quindi la nostra salvezza e, per la nostra salvezza, Gesù ci ama offrendo la sua vita.

Quindi "amare fino alla fine" va oltre e non si ferma ad amare fino alla fine della sua vita, fino all'ultimo respiro, come riportato nella Parola di Vita, perché Dio non vuole che con la morte cessi l'amore, ma vuole la salvezza di tutti gli uomini nell'amore. Gesù, che poi è Dio incarnato, non ha smesso di amarci con la sua morte, ma è risorto e continua ad amarci da risorto attraverso la Chiesa, lo Spirito Santo e coloro che lo incarnano, affinché ogni uomo, credendo in Lui, possa salvarsi nell'amore.

La frase "I martiri andavano alla morte cantando", detta così, non ha tanto senso, secondo me. Non è nello stile del cristiano cantare davanti alla morte, perché Gesù non è andato verso la morte cantando, ma soffrendo e sudando sangue. Di fronte alla morte propria e dei propri cari c'è poco da cantare, perché la morte è la negazione della vita, della salvezza, della gioia e del reciproco amore. Solo la pace della risurrezione nell'amore ci spinge a pregare cantando al Signore chiedendogli con insistenza la venuta del suo regno, il compimento della sua volontà, la santificazione del suo nome.

La frase: "E il premio sarà la più grande gloria, perché Gesù ha detto che nessuno al mondo ha più grande amore di colui che versa il suo sangue per i suoi amici", secondo me è psicologicamente pericolosa perché abbina un premio ad un sacrificio di morte, come avviene con lo "Shahid" islamico dove si promette in premio il Paradiso in cambio di una testimonianza di fede fino alla morte.

Gesù invece vuole la nostra salvezza fin da ora e, per la nostra salvezza, ha dato la sua vita. Lui non vuole i nostri sacrifici, il nostro sangue, il nostro martirio, la nostra morte, ma vuole la nostra gioia nella vita di tutti i giorni, più che nella gloria. Noi possiamo essergli riconoscenti e valorizzare il suo sacrificio ascoltando e mettendo in pratica le sue parole, cioè amandoci. L'amore reciproco non chiede sacrifici, non ha premi a cui ambire o da scambiare, ma gode della gioia e del bene donato gratuitamente alla persona o alle persone amate.

Ritornare e farsi bambini

Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. (Prima lettera di Paolo ai Corinzi, cap 13,11).
Cosi inizia il libro di Piergiorgio Odifreddi "Perché non possiamo essere cristiani", una dedica ai giovani, un invito dello scrittore ad essere uomini adulti, sulla scia dell'insegnamento di Paolo di Tarso.

Paolo non è Gesù. Gesù invitava a farsi bambini, Paolo invece si fa uomo, si fa adulto per abbandonare il modo semplice e ingenuo di pensare e ragionare dei bambini.
Ma Gesù è di tutt'altro avviso.

Vediamo:

Matteo 18,2-3: Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: "In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli."
Matteo 18,4: "Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
Matteo 18,5: E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me."
Matteo 19,14: Gesù però disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli".
Marco 9,37: "Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato".
Marco 10,14: "Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio."
Marco 10,15: In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non entrerà in esso».
Luca 18,16: "Allora Gesù li fece venire avanti e disse: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio."
Luca 18,17: In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà".

Paolo invece pare insistere nel contraddire Gesù:
1Corinzi 14,20. Fratelli, non comportatevi da bambini nei giudizi; siate come bambini quanto a malizia, ma uomini maturi quanto ai giudizi.

Malgrado la grandezza spirituale di Paolo, Gesù ci invita a farci bambini per poter entrare nel regno di Dio. E' importante comprendere questo insegnamento. Già Chiara Lubich, basandosi sulla spiritualità di Gesù, aveva deciso di chiamare i focolarini: popi che in dialetto trentino significa bambini.

I bambini pensano sempre a giocare e per loro il mondo è sempre bello, anche quando piove, basta giocare. I bambini piangono quando gli si nega qualcosa a cui ci tengono. I bambini non hanno il senso della responsabilità e si fidano ciecamente di chi si prende cura di loro. I bambini sono possessivi, ma sanno mettere tutto in comune quando si tratta di giocare.

Il guaio siamo noi quando diventiamo adulti, perché perdiamo l'innocenza e l'ingenuità e ci facciamo maliziosi nei confronti di tutti, condizionando i bambini che ci osservano. Da adulti pratichiamo e legalizziamo l'aborto impedendo ai bambini, cioè a Dio di venire a noi, perché, secondo Gesù, chi accoglie un bambino accoglie Gesù, cioè Dio.

I bambini fanno ooh!

Un saluto a Chiara

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Un saluto e un ringraziamento per la testimonianza di fede e amore che la vita di Chiara Lubich ci ha donato in tanti anni al servizio di Dio e della Chiesa.
Sempre Uno!

Messaggio del Papa Benedetto XVI


Chiara Lubich - Siate una famiglia