Regole e libertà

Voglio puntualizzare che non condivido l'articolo pubblicato dall'Osservatore Romano: "il business della libertà" del 27/02/2010 a firma di Luca M. Possati. E' un articolo che pone interessanti questioni, tuttavia non condivido le conclusioni.

L'articolista si chiede: "Come preservare quella creatività e quella libertà di azione che caratterizzano la rete, rendendola tanto affascinante e densa di opportunità d'ogni tipo, e assicurare al contempo un controllo sui contenuti?" Controllo sui contenuti, quello è il nocciolo della questione. "Servono regole; i motori di ricerca e i provider hanno responsabilità penali". Sbagliatissimo. E' un concetto che secondo me calpesta il buon senso. La responsabilità penale, di fronte a Dio e all'uomo, è sempre personale. Le regole, in questo ambito, non servono e sono controproducenti. Semmai serve maggiore sensibilizzazione verso le tematiche evangeliche, le uniche in grado di garantire uno sviluppo sano e coerente della comunicazione in Rete.

Torno a ripetere che il Vangelo e i suoi principi non si possono imporre per legge e per regole. La legge è quel frutto proibito che porta alla morte dell'uomo.

Ma scriviamolo più grosso perché è un concetto duro a entrare nella testa degli uomini, soprattutto nella testa degli uomini di potere.

La legge è quel frutto proibito che porta alla morte dell'uomo


La Legge e le regole generano Burocrazia e la burocrazia è uno strumento del potere per sottomettere l'uomo e limitare la sua libertà. Il potere è sempre diabolico e inganna l'uomo illudendolo di tenere le persone sotto il suo controllo, quando in realtà è l'uomo di potere con i suoi controllati ad essere tenuto sotto il controllo del demonio. Il vero cristiano rifugge dai richiami del potere, perché sa che l'unico potere appartiene a Dio e non all'uomo.

L'articolista dice: Resta il fatto - sottolineano gli esperti - che nella maggior parte dei casi risalire agli autori dei contenuti e a coloro che li hanno caricati sulla piattaforma di Youtube è un'impresa ardua se non impossibile

Non è sempre vero che sia impossibile risalire agli autori dei contenuti, ma ammettiamo che non si possa risalire agli autori dei contenuti, che male c'è? Dov'è il male nel non riuscire a risalire agli autori dei contenuti? Non c'è alcun male fino a quando non c'è una legge che dica cosa è il male e cosa è il bene e quindi ritorniamo all'albero della conoscenza del bene e del male e ai suoi frutti proibiti che sono le leggi e le regole.

La legge è una sola, la legge dell'amore che appartiene all'albero della vita e tutto il resto è ciarpame umano. La regola è una sola: tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Ti scandalizza la cosa? Vallo a dire a Dio?

Continua l'articolista: "Il problema alla radice è che la rete è un affare per molti. Youtube dà a tutti la possibilità di guadagnare grazie alla pubblicità: i video più visti - come quello della sentenza di Milano, come altri, magari pornografici, razzisti o violenti - offrono grandi opportunità di introiti da dividere tra gli autori e il provider."

E' vero, la Rete offre opportunità per tutti, non solo di guadagno, ma anche di conoscenza e visibilità. E' una cosa positiva, no? Il fatto che ci siano contenuti offensivi che sfruttano abusivamente la tua immagine o l'immagine di un disabile o di un bambino inconsapevole, prima ancora di chiederci se è giusto o sbagliato, occorre chiederci se quel contenuto è vero o falso. La verità è più importante della morale, perché è nella verità che si compie la libertà dell'uomo e quindi la sua salvezza. Se prima non c'è verità, non ci può essere nemmeno libertà e nemmeno salvezza. Secondo me è sbagliatissimo condannare, così come è sbagliato condannare chi ha permesso la visione di quel contenuto offensivo, perché la condanna presume un giudizio, anche quando ritenuta giusta dall'uomo. E' Dio a dirlo, non io: "Non giudicate per non essere giudicati".

Ma scriviamolo più grande, perché è un concetto duro da fare entrare nella testa dell'uomo, soprattutto all'uomo di potere:

Non giudicate per non essere giudicati


"Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato" Luca 6,37

L'articolo prosegue con "È un algoritmo a decidere i filmati che possono essere monetizzati. Tuttavia, il sospetto è lecito, con ogni probabilità sarà ancora una volta il colosso californiano a guadagnare di più da questa operazione, a sfruttare il richiamo alla libertà di espressione per far lievitare gli introiti".

Comprendo che per un cristiano non si può servire Dio e Mammona. Ma io devo ficcare il naso prima in casa mia e poi soltanto dopo in casa d'altri. Google è una azienda, una persona giuridica e come ogni azienda segue la legge del profitto. Gesù si è rivolto a persone fisiche, non a persone giuridiche e anche se una persona giuridica è formata da persone fisiche, l'origine del male, dal mio punto di vista, è sempre dell'uomo persona fisica che si lascia tentare dalla Legge, Legge tra l'altro che giustifica e avalla la legge del profitto a partire dalla legge che giustifica la proprietà privata, quell'assurdo abuso che espropria gli uomini di ciò che gli appartiene con il Creato nella condivisione, per affidarlo in modo esclusivo ad una oligarchia di persone. Condanniamo la Legge e non l'uomo, perché la legge deve essere al servizio dell'uomo e non il contrario.

L'articolo poi si chiude con: "Costruire un sistema di controllo è costoso: pagando gli addetti alle revisioni anche solo cinque dollari l'ora, il costo annuo del controllo preventivo dei filmati supererebbe gli ottanta milioni di dollari. Troppo, per i vertici di Mountain View. Troppo, anche se Google guadagna dai dieci ai venti miliardi di dollari l'anno e Youtube vende pubblicità a 178.000 dollari al giorno, quasi cinque milioni e mezzo di dollari al mese. MySpace - dicono le stesse fonti - guadagnerà fino a 900 milioni di dollari l'anno dopo aver firmato un accordo con Google. Cifre da capogiro. È il business della libertà. Che tuttavia non può essere senza freni. "

Non è tanto questione di costi dal mio punto di vista, ma di libertà. Il controllo preventivo dei contenuti da parte dell'uomo, lo costringe a dover emettere un giudizio, una sentenza, cioè lo costringe a giudicare, a mettere un filtro basato sulla conoscenza del bene e del male, cioè su quel famoso albero della conoscenza del bene e del male i cui frutti (leggi, regole e sentenze) portano alla morte dell'uomo stesso. Io non potrei accettare un simile filtro, se fossi io a gestire un provider, perché va contro la mia coscienza di cristiano, di discepolo di Gesù che per primo ha invitato l'uomo a conoscere la verità, cioè a conoscere Gesù stesso per essere uomini veramente liberi e salvi. Infatti non c'è verità senza conoscenza e non c'è conoscenza senza verità, di conseguenza senza conoscenza non ci può essere libertà e salvezza.